Amiata: quattro imprenditori contro la geotermia

Immagine pubblicitaria del Frantoio Franci di Montenero d'Orcia

Quattro imprenditori contro la geotermia Giorgio Franci, Ubaldo Corsini, Fabrizio Bindocci e Claudio Tipa scrivono alla Regione Toscana: stop agli impianti a media entalpia

Il Tirreno, 16-12-2014

di Fiora Bonelli

CASTEL DEL PIANO In vista della imminente discussione del Paer previsto a giorni in consiglio della Regione Toscana, quattro imprenditori di prim’ordine si muovono per dire no a qualsiasi ipotesi di ulteriore sfruttamento geotermico. Sono Giorgio Franci, presidente Consorzio dop olivastra seggianese, Ubaldo Corsini, presidente Confindustria agroalimentare toscana, Fabrizio Bindocci, presidente Consorzio Brunello, e Claudio Tipa, presidente Consorzio Montecucco. I vertici del settore agroalimentare più nobile della provincia e dell’Amiata scrivono ai presidenti della 3ª e 4ª commissione in consiglio regionale, Rosanna Pugnalini e Gianfranco Venturi, e per conoscenza al presidente Enrico Rossi, all’assessore all’ambiente Anna Rita Bramerini e ai sindaci dell’Unione comuni Amiata Grossetana. Le loro sono valutazioni riferite all’area dell’Amiata e della Val d’Orcia sullo sviluppo geotermico dell’alta e media entalpia. I quattro presidenti rammentano di avere in passato espresso al presidente della giunta le loro preoccupazioni per un eventuale sviluppo della geotermia in Amiata e Val d’Orcia. Le proposte della giunta rispetto al Paer – che ritengono saturato lo sviluppo dell’alta entalpia e vincolano la media entalpia nella Val d’Orcia alla compatibilità col territorio – in parte accolgono anche le loro proposte. Ma loro non si dicono tranquilli.

Secondo Franci, Corsini, Bidocci e Tipa gli investimenti in Val d’Orcia sono stati favoriti grazie al fatto che si tratta di «un territorio non interessato da pesanti processi di industrializzazione e alterazione degli equilibri naturali, che costituisce il valore aggiunto del fulcro dell’economia locale, ovvero la produzione agroalimentare ed enologica di qualità e il turismo». Una terra, questa, raffigurata anche dai pittori senesi come luogo di perfetta armonia fra uomo e natura, esempio di buon governo e di ottima gestione del territorio. «Con che coraggio e diritto si può pensare di stravolgere un bene tanto prezioso?», chiedono oggi i quattro imprenditori. Per loro la geotermia, anche se a media entalpia, metterebbe a rischio la qualità dei profili paesaggistici che fanno da calamita al circuito turistico internazionale. E non solo. «I progetti geotermici presentati con 10mila euro di capitale sociale non possono competere col fatturato del sistema Montalcino, Montecucco, agroalimentare e olio extravergine, di oltre un miliardo di euro e che danno lavoro a oltre 5mila persone. Il binomio territorio – qualità paga anche nei momenti di crisi», sottolineano. I presidenti affermano, dunque, che con Piacastagnaio e la nuova centrale di Enel green power Bagnore 4, l’Amiata e la Val d’Orcia hanno in ampia misura contribuito al burden sharing della Toscana (obiettivo 150 Mw) e che oggi occorre ascoltare imprese e popolazioni. «Non possiamo permettere di veder vanificati anni e anni di investimenti», concludono.

http://www.provincia.grosseto.it/index.php?id=40&no_cache=1&tx_ttnews[tt_news]=422130&tx_ttnews[backPid]=913

Studio Bravi-Basosi: “L’impatto ambientale della produzione elettrica di selezionate centrali geotermiche in Italia”

Copertina del Journal of Cleaner ProductionJournal of Cleaner Production

Volume 66, 1 March 2014, Pages 301–308

Environmental impact of electricity from selected geothermal power plants in Italy (Mirko Bravi, Riccardo Basosi)

NOTA sugli autori:

– il Professor Riccardo Basosi è ordinario di Chimica Fisica presso
l’Università di Siena, è stato nominato dal Ministro dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, tra i
Rappresentanti italiani nel Comitato di Horizon 2020, Programma quadro
della ricerca europea per il periodo 2014-2020.
Rappresenta l’Università di Siena nel soggetto gestore del PIERRE, è
presidente del Comitato Tecnico Scientifico dello stesso Polo di
Innovazione ed è membro, per il sistema della ricerca, del Comitato di
Indirizzo Tecnologico del DTE-Toscana.

Inoltre il prof. Basosi è :
Direttore del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di
Siena e Delegato del Rettore per l’energia e l’alta tecnologia;
Direttore del Master per l’Uso Razionale ed Efficiente dell’Energia
(Energy Manager), Siena;
Membro del ComitatoTecnico Scientifico Energia presso la Regione Toscana;
Membro del Comitato Scientifico dell’ISSI (Istituto Sviluppo Sostenibile
Italia);
Delegato italiano per il progetto europeo COST P15

– il dott. Mirko Bravi è ricercatore presso l’Università di Pisa

(Traduzione in lingua italiana)

1 – Introduzione

La produzione di energia geotermica ha avuto inizio in Italia (all’inizio del 1900) con l’esplorazione dei campi geotermici di Larderello (Barbier, 2002). Alla data odierna sono installate in Italia centrali geotermiche per una potenza di 882.5 Mwe (potenza netta di 772 Mwe, Terna 2010) con una produzione dell’1,8 % dell’elettricità generata a livello nazionale. In Toscana l’energia geotermica contribuisce per circa il 25% sul totale della produzione elettrica (Cappetti et al., 2010). Nel 2011la produzione delle centrali geotermiche ubicate nella provincia di Siena (con una capacità totale di 180 MW) è stata di 1325 Gwh che rappresenta più del 100 %di 1316 Gwh, il totale del consumo della provincia di Siena.

Gli obiettivi di sviluppo geotermico in Italia ed in particolare nella Regione Toscana, sono connessi allo sviluppo dell’uso del calore ed all’incremento della produzione elettrica da fonti rinnovabili, allo scopo di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e di ridurre le emissioni di CO2. Questi obiettivi sono in accordo con i protocolli internazionali, quali il Protocollo di Kyoto e la Direttiva Europea 2009/28/EC sulle sorgenti di energia rinnovabili.

L’elettricità è uno dei vettori più vantaggiosi e versatili per la facilità di trasporto e per il fatto che essa ha un impatto solo dove è prodotta e non dove si usa. Perciò, come precondizione per l’intensificazione del suo impiego, è importante comprendere le caratteristiche ambientali della generazione dell’energia geotermica e trovare soluzioni per minimizzare gli impatti.

La risorsa geotermica è specifica del luogo (come le risorse minerarie), dato che la sua localizzazione è determinata da fenomeni geo-mineralogici che ne hanno permesso la formazione, l’accumulazione e lo stoccaggio.

Il Monte Amiata è un vulcano spento, ubicato fra le province di Siena e Grosseto, nella parte meridionale della Regione Toscana.

Lo sfruttamento delle risorse geotermiche ha avuto inizio negli anni 1960. Nel 1990 un campo geotermico ad alta entalpia è stato scoperto a profondità di circa 2.5-4 km. con una temperatura di 300-350 °C ed una pressione di circa 20 Mpa, che presentava un alto potenziale di produzione elettrica (Bertani, 2012).

Molti studi in letteratura si occupano dell’impatto ambientale associato alla produzione di elettricità da fonte geotermica. Hagedoorn (2006) ne ha fornito un panorama generale. Altri studi si sono focalizzati sulle caratteristiche di sostenibilità delle risorse geotermiche e proposto l’uso di modelli per la gestione dei campi geotermici (Axelsson e Stefansson, 2003). Bertani e Thain (2002) e Bloomfield et al. (2003) hanno sostenuto che il naturale rilascio di CO2 dai campi geotermici è probabilmente più alto delle emissioni di CO2 dovuto all’impiego di altre fonti di energia negli stessi campi. Inoltre Bertani e Thain (2002) hanno concluso che le emissioni di CO2 dalle centrali geotermiche sono bilanciate dalla riduzione del rilascio naturale di CO2 dai campi geotermici.

Seguendo questa linea di pensiero, la Comunità Europea non include le emissioni di gas serra prodotte dalle centrali geotermiche nella quota a carico dei vari paesi. Conseguentemente in Italia e nel resto d’Europa gli inventari di gas serra non considerano le emissioni di CO2 dalle centrali geotermiche.

Il ciclo di vita degli inventari della produzione elettrica in diverse reti è stato attentamente revisionato da Itten utilizzando per la produzione di elettricita da fonte geotermica (e da maree) il modello ed il set di dati utilizzato per le centrali eoliche (Itten et al., 2012). Più recentemente una revisione completa del ciclo di vita degli effetti ambientali della generazione di energia geotermica sono stati pubblicati da Bayer et al. (2013) concludendo che è determinante l’influenza delle caratteristiche specifiche del sito.

Armannsson, riferendosi all’Islanda dove i fenomeni naturali sono più visibili che in Italia, dubita che le emissioni di CO2 delle centrali geotermoelettriche siano trascurabili (Armannsson, 2005).

Frondini et al. argomentano che è probabile che le emissioni naturali nell’area del Monte Amiata dovute alla degassificazione del vulcano sono molto più basse di quelle dovute allo sfruttamento dei fluidi geotermici a considerevole profondità (come i campi che alimentano le centrali considerate in questo studio). In passato, molti studi si sono focalizzati soprattutto sulle emissioni di liquidi (dove sono stati fatti i progressi maggiori) e di quelle che sono maggiormente maleodoranti e per le quali si rende necessario il loro urgente abbattimento (Bacci, 1998).Alla fine del 20° secolo i ratei emissivi del mercurio variavano fra 3 e 4 g/MWh di produzione elettrica nell’area dell’Amiata. Queste emissioni erano accoppiate con rilasci di 7-8 kg/MWh di idrogeno solforato (Bacci et al., 2000). Nel nostro studio sviluppiamo un’analisi di impatto potenziale basato prioritariamente sui gas incondensabili emessi dalle centrali geotermiche nell’area.

2 – Materiali e metodi

2.1 Obbiettivi e scopi

Questa ricerca si propone di valutare l’impatto ambientale di alcune centrali geotermiche attraverso un accertamento ambientale panoramico ed inoltre acquisire informazioni ambientali sulla produzione di elettricità dalle centrali geotermiche esistenti sul Monte Amiata (Toscana, Italia).

In particolare, abbiamo esaminato le emissioni di gas incondensabili di fluidi geotermici nel periodo 2002-2009. Abbiamo considerato solo la fase di produzione delle quattro centrali analizzando le fuoriuscite dei materiali emessi dalle ciminiere. Nella Fig. 1 è riportata una mappa del Monte Amiata che include i nomi di tutte le località e le centrali coinvolte nello studio.

Non sono considerati il consumo di risorse associate alle perforazioni, alla costruzione ed alle operazioni sul campo, oltre ai materiali addizionali necessari alla costruzione ed alla fase operativa delle centrali geotermiche. Questo perchè l’impatto della costruzione delle centrali è diluito su 25 anni di operatività delle centrali e si riflette in un piccolo aumento delle emissioni prima e dopo (2% di emissione giornaliera di CO2, 1% di uso di energia da fonti fossili, 1% di flusso annuale di materia, in accordo con Ulgiati e Brown, 2002).

In ogni caso, in un futuro lavoro, abbiamo pianificato di includere le fasi di costruzione della centrale in maniera tale da comparare le differenti tecnologie geotermiche disponibili sul mercato.

2.2 Descrizione del sito di studio.

Il Monte Amiata è un vulcano spento con un’altezza di 1738 m. ubicato nel sud della Toscana. Quest’area è molto ricca di minerali, come il mercurio che è stato estratto fin dai tempi antichi. Il gradiente geotermico in quest’area è molto alto e varia tra 100 a 250 °C/km. Il campo geotermico del monte Amiata è del tipo ad acqua dominante con alte temperature. Attualmente sono in funzione 4 centrali geotermiche:

una unità in località Bagnore, che copre un’area di 5 kmq., comprendente 7 pozzi di produzione e 4 di reiniezione;

tre unità nell’area di Piancastagnaio, che copre un’area di 25 kmq., comprendente 19 pozzi di produzione e 11 di reiniezione (Frondini et al., 2009).

La Tabella 1 mostra le specifiche caratteristiche delle quattro centrali geotermoelettriche considerate: Bagnore 3 (BG3) e Piancastagnaio 3, 4 e 5 (PC3, PC4 e PC5).

2.3 Le condizioni al contorno

I limiti geografici e temporali di questo studio comprendono la fase di produzione delle centrali geotermiche, senza considerare le fasi di perforazione, costruzione e smantellamento. Noi abbiamo computato in primo luogo le emissioni in atmosfera esclusivamente allo scopo di valutare l’impatto potenziale associato alla produzione di elettricità delle centrali geotermiche. A causa della diluizione delle emissioni nella fase di costruzione, la parziale sottostima dell’impatto calcolato rispetto all’attuale impatto ambientale totale, non intacca le conclusioni effettive dello studio. Il sistema base di centrale geotermica per questo studio è mostrato in Fig. 2. L’unità funzionale è rappresentata da una centrale di produzione elettrica da 1 Mwh attraverso una centrale geotermica nell’area del Monte Amiata.

2.4 Inventario

I dati di inventario per questo studio sono stati ricavati dai dati dell’ARPAT (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana) sulle emissioni delle centrali geotermiche nel periodo 2002-2009.

Nella Tab. 2 riportiamo il tipo di emissione in aria, il valore medio e la variabilità per ognuna delle centrali. Ogni valore è normalizzato rispetto all’unità funzionale usando i valori delle centrali inventariate da ARPAT durante i test. Semplificando, abbiamo utilizzato le seguenti frequenze temporali:

per BG3, anni 2002, 2004, 2005, 2006, 2008, 2009;

per PC3, anni 2002, 2004, 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009;

per PC4, anni 2002, 2008 e 2009;

per PC5, anni 2002, 2007, 2008, 2009.

2.5 Studio di impatto

Lo studio di impatto ambientale è stato condotto usando la metodologia di base del software SimaPro (Prè Consultants 2011) e CML 2002 (Prè Consultants 2008). I risultati per le tre categorie di impatto esaminate in questo studio sono riportati nella Tabella 3 insieme ai possibili contributi dei carichi ambientali. Informazioni dettagliate di ogni tipo di impatto in questo studio sono specificate nelle seguenti sub-sezioni.

I risultati di questo studio sono stati comparati inizialmente con due altri sistemi di generazione di energia di analoga potenza, carbone e gas naturale. Il potenziale impatto ambientale per la produzione di elettricità da questi due tipi di combustibili fossili è mostrato nella Tabella 4. I dati sono ricavati dal database Ecoinvent (Frischknecht et al., 2005; Emmenegger et al., 2007; Roder et al., 2007), in cui sono considerate cinque fasi: prima della costruzione, costruzione, trasporto (dei combustibili), attività e manutenzione, demolizione delle centrali. Riteniamo che il non considerare tutte le fasi precedenti non intacchi in maniera significativa la validità del confronto proposto in questo studio. In effetti per l’elettricità prodotta dalla combustione del carbone o del gas naturale, l’impatto delle categorie GWP, ACP e HTP è prevalentemente dovuto all’emissione diretta durante l’attività delle centrali. In particolare la fase operativa ricopre il 95% del GWP nelle centrali a carbone e l’83% in quelle a gas; l’87% ed il 40% dell’ACP e il 79% e il 64% dell’HPT rispettivamente (Emmenegger et al., 2007; Roder et al., 2007).

3. Risultati

Le centrali geotermiche nell’area del Monte Amiata emettono in atmosfera una grande varietà di prodotti non condensabili ( CO2, H2S, NH3, CH4). L’anidride carbonica è la più rilevante emissione del campo geotermico, con una quantità attuale che varia tra 245 e 779 kg/MWh con una media pesata di 497 kg/MWh. La quantità dell’emissione di ammoniaca varia tra 0,086 e 28,94 kg/MWh con una media pesata di 6,54 kg/MWh. Le emissioni di ammoniaca per Mwh nel campo geotermico di Bagnore sono circa 4 volte più alte di quelle registrate nel principale sfruttamento del campo geotermico di Piancastagnaio. I valori di picco dei vari esempi sono 15 volte più alti delle massime concentrazioni trovate da Barbier (2002) con valori fra 57 e 1938 mg/KWh. Il gas naturale presenta una media di 7,54 kg/MWh., con valori variabili ….. tra 2,3 e 16,9 kg/MWh. Inoltre in questo caso i valori di Bagnore sono più alti di più del 50% rispetto ai valori medi di Piancastagnaio.

L’Idrogeno solforato ha un valore medio di 3,24 kg/MWh, con valori variabili tra 0,4 e 11,4 kg/MWh. In questo caso il valori medi di Piancastagnaio sono 4 volte più alti di quelli del campo geotermico di Bagnore. Questi valori sono da mettere in relazione con le caratteristiche del fluido geotermico e con il fatto che solo dalla fine del 2008 PC4 è stata equipaggiata del filtro AMIS (Abbattitore di Mercurio ed Idrogeno Solforato, Baldacci et al., 2005).I valori di picco dei vari esempi sono circa due volte più alti della massima concentrazione rilevata da Barbier (2002) che varia da 0,5 a 6,8 g/KWh.

I gas geotermici emessi dalle centrali contengono inoltre tracce di mercujrio (Hg), arsenico (As), antimonio (Sb), selenio (Se) e cromo (Cr).

Le emissioni di mercurio variano fra 0,063 e 3,42 g(MWh con una media pesata di 0,72 g/MWh. Il valore di picco degli esempi è circa 3,8 volte la massima concentrazione rilevata da Barbier, che varia fra 45 a 900 g/KWh.

I risultati delle tre categorie di impatto ambientale considerate nello studio nel periodo fra il 2002 e il 2009 sono sintetizzati nella Tabella 5, mentre il dettaglio delle informazioni su ogni impatto è riportato nelle seguenti sottosezioni.

3.1 Potenziale di Riscaldamento Globale (GWP)

La Fig. 3 mostra la dinamica del GWP attraverso gli anni. Le emissioni di gas serra dalle centrali geotermoelettriche non possono essere considerate trascurabili. Il valore medio del GWP è 693 kg CO2 equiv/MWh con valori variabili tra 380 e 1045 kg/MWh.

Usando il database Ecoinvent v.2, abbiamo calcolato per la categoria di impatto GWP per l’energia elettrica prodotta con carbone e gas naturale rispettivamente 1068 e 640 kg CO2 equiv/MWh; questi valori tengono in conto l’intero ciclo delle centrali, compresa la produzione, la costruzione e la dismissione e forniscono dati di riferimento usati per valutare l’impatto potenziale della produzione di elettricità da geotermia.

I nostri risultati per le centrali considerate in questo studio sono in buon accordo con quelli ottenuti da Brown e Ulgiati (2002) che affermano che l’emissione di CO2 delle centrali geotermiche è dello stesso ordine di grandezza di quella delle centrali alimentate da combustibili fossili. Questo risultato generale dovrebbe essere trattato con attenzione, dato che è probabile che la natura della stratigrafia geologica, il sistema geotermico e le caratteristiche dei pozzi influenzano il livello dell’impatto del Potenziale di Riscaldamento Globale. Infatti si può ragionevolmente sostenere che le fratture generate dai pozzi geotermici, raggiungendo i 3500 m. di profondità con diametri di 30” (75 cm.) in superficie e 8,5” (21 cm.) in profondità incrementano il flusso di fluidi e di CO2 verso la superficie in maniera del tutto innaturale. Nell’area del Monte Amiata il processo dello sfruttamento geotermico incrementa il processo di generazione naturale della CO2. In un’area diversa il risultato può essere diverso.

3.2 Potenziale di Acidificazione (ACP)

La Fig. 4 mostra la dinamica dell’ACP nel periodo studiato. Come nel caso del Potenziale di Riscaldamento Globale (GWP), le emissioni ACP dalle centrali geotermiche non è trascurabile.

Il valore medio dell’ACP è 12,5 kg SO2 equiv/MWh con valori variabili tra 0,1 e 44,8 kg SO2equiv/MWh. L’energia elettrica prodotta con carbone e gas naturale presenta valori di 5,1 e 0,6 kg CO2 equiv/MWh rispettivamente. Questi valori tengono conto dell’intero ciclo di vita delle centrali e forniscono dati di riferimento usati per valutare l’impatto potenziale della produzione elettrica. In confronto mostra che dal punto di vista dell’ACP, l’impatto derivante dall’energia prodotta dalle centrali geotermoelettriche del Monte Amiata è in media 2,2 volte maggiore dell’impatto di una centrale a carbone. Il valore medio dell’ACP di Bagnore 3 (il campo geotermico di Bagnore emette 21,9 kg SO2equiv/MWh) è 4,3 volte più alto di una centrale a carbone e circa 35,6 volte più alto di una centrale a gas. Gli alti valori dell’ACP del campo geotermico di Bagnore rispetto a quello di Piancastagnaio, sono connessi alla grande quantità di ammoniaca (NH3) presente nelle emissioni di BG3.

3.3 Potenziale di Tossicità per l’Uomo (HTP)

La Fig. 4 mostra la dinamica dell’HTP nel periodo studiato. Il Potenziale medio di Tossicità per l’Uomo (HTP) calcolato è pari a 5,9 kg 1.4DB equiv./MWh, con valori che variano tra 1,1 e 31,6 kg 1.4DB equiv./MWh.

Per l’energia elettrica prodotta dal carbone e dal gas naturale i valori calcolati dell’HTP sono di 87,1 e 69,4 kg 1.4DB equiv./MWh rispettivamente. Questi valori tengono conto dell’intero ciclo delle centrali mentre ricordiamo che per le centrali geotermoelettriche noi consideriamo solo la fase di attività. Il confronto mostra che, dal punto di vista dell’HTP, l’energia prodotta dalle centrali geotermiche del Monte Amiata hanno in media un impatto inferiore di 15,2 volte rispetto alle centrali a carbone. Nel 2008 l’alto valore di PC4, 31,6 kg 1.4DB equiv./MWh (comparato al valore medio delle altre centrali geotermiche), è probabilmente dovuto alla presenza di alte concentrazioni di mercurio, idrogeno solforato, acido borico, arsenico e antimonio.

4. Discussione

In generale le perforazioni geotermiche creano fratture su 3000 m. di profondità che incrementano la permeabilità sia dei fluidi geotermici che dei gas incondensabili. La quantità di gas e metalli contenuti nei fluidi geotermici dipende da molti fattori: dalla profondità e dall’ubicazione del serbatoio geotermico; dalle caratteristiche del metodo di generazione dell’elettricità (flash, binario, o ciclo combinato); dai sistemi di abbattimento. Per rendere le centrali geotermiche del Monte Amiata “carbon free” ed ambientalmente sostenibili, il 100% dei fluidi geotermici con i gas incondensabili devono essere reinietteti all’interno dello stesso serbatoio geotermico. Ciò è possibile, in linea di principio, attraverso l’uso di tecnologie a ciclo binario (Frick, 2010; Laricignola, 2013). Questa nuova tecnologia di installazione è probabilmente più costosa e può avere una minore efficienza per la produzione di energia elettrica rispetto alle tecnologie usate correntemente nei campi geotermici del Monte Amiata, ma allo stesso tempo (poiché esso è un ciclo chiuso), riduce la pressione sull’ambiente. Esso inoltre offre maggiori garanzie in termini di sostenibilità della risorsa geotermica. Nell’opinione degli autori di un recente studio basato su valutazioni multi-criterio delle potenziali alternative tecnologiche, l’applicazione delle tecnologie a ciclo binario rappresenta il più favorevole scenario per lo sfruttamento delle risorse geotermiche del Monte Amiata (Borzoni, 2012: Borzoni et al., 2012). Noi pensiamo che una risorsa geotermica deve essere sempre sfruttata dove essa si trova, sia per la produzione di calore che di elettricità, in maniera integrata. Il maggior limite allo sfruttamento di questa importante risorsa naturale può essere rappresentato da tecnologie inadeguate che non minimizzano l’impatto ambientale dal momento che sono concepite essenzialmente per massimizzare la produzione di elettricità.

Sebbene la tecnologia a flash rappresenti lo standard corrente per lo sfruttamento di serbatoi ad alta pressione e ad acqua dominante quale il serbatoio profondo dell’Amiata (Barelli et al., 2010), una scelta oculata del fluido di lavoro (come una miscela di idrocarburi o refrigeranti o Kalina acqua-ammoniaca) può garantire l’ottimizzazione dell’accoppiamento con il fluido geotermico ad alta temperatura con la rete di recupero del calore, evitando la depressurizzazione del circuito o limitando quest’ultima ad una marginale ricompressione dei gas incondensabili. Questa è certamente una sfida dato che la pressione del circuito è molto alta, però essa è compatibile con la tecnologia corrente. Infatti le centrali a vapore supèercritico sono operative da oltre 40 anni ed i compressori di gas al altissima pressione per specie chimiche aggressive sono stati sviluppati nell’industria petrolifera e del gas. I costi aggiuntivi rispetto alle soluzioni convenzionali a doppio flash possono essere compensati in qualche modo attraverso il perfezionamento dell’accoppiamento fra il fluido geotermico ed il profilo di temperatura del fluido di lavoro. Questo approccio permette una riduzione dell’irreversibilità del trasferimento del calore. Una centrale a ciclo binario puù anche non essere la soluzione definitiva. E’ anche possibile che una centrale ibrida flash- binario con recupero, ricompressione e reiniezione dei condensabili e degli incondensabili possa essere una strada percorribile per il campo dell’Amiata. Comunque lo scopo di questo lavoro non è quello di proporre la soluzione tecnica “corretta”, ma piuttosto quello di indicare quale potrebbero essere le caratteristiche del potenziale ambientale di una centrale geotermica a ciclo chiuso completo (totale reiniezione), confrontata con la tecnologia corrente. In linea di principio la condensazione atmosferica può essere facilmente integrata in una tecnologia a flash, usando un condensatore aereo e reiniettando i gas incondensabili, ma i problemi tecnici connessi con l’irreversibilità del processo non possono essere superati facilmente.

In generale, sebbene molto sia già stato fatto per eliminare l’impatto locale attraverso le procedure AMIS, lo sviluppo di ulteriori tecnologie è necessario per mitigare l’impatto ambientale come il GWP.

5. Conclusioni

In questo studio è stato usato un metodo di valutazione ambientale per analizzare l’impatto ambientale in atmosfera della produzione di elettricità da centrali geotermiche. In alcuni casi l’impatto della produzione di elettricità da geotermia è perfino maggiore di quello della produzione di elettricità da combustibili fossili.

L’analisi mostra che la produzione di elettricità dalle centrali geotermiche dell’area del Monte Amiata non può essere considerata “carbon free” come fin qui dichiarato in base alla letteratura menzionata nell’introduzione. Sebbene il Potenziale di Tossicità per l’Uomo (HTP) non fornisca valori preoccupanti, le emissioni di gas serra sono in alcuni casi generalmente più alte di quelle prodotte da centrali a gas naturale ed in alcuni casi non molto lontane dai valori di centrali a carbone.

Inoltre il Potenziale di Acidificazione (ACP) dell’elettricità prodotta dalle centrali geotermiche considerate qui è 2,2 volte maggiore rispetto alle centrali a carbone. Nel caso del campo geotermico di Bagnore questa differenza aumenta di un fattore 4,4 ed è circa 28 volte più elevata dell’ACP di una centrale a gas naturale.

L’ovvia incompatubilità fra la produzione di elettricità da fonte geotermica e le emissioni da processi naturali attraverso cicli geologici di lungo periodo (che pongono i gas contenuti nei fluidi geotermici a contatto con l’atmosfera) non può essere ignorata. Perciò è necessario sviluppare appropriate tecnologie in grado di riconciliare le centrali geotermoelettriche con il carattere rinnovabile della risorsa energetica.

Mentre è certo che, al momento attuale, il ciclo binario non è la migliore soluzione dal punto di vista dei costi e dell’efficienza, l’idea di considerare la minimizzazione degli impatti (attraverso la completa reiniezione dei fluidi incondensabili all’interno del serbatoio) è necessariamente una strada promettente sulla base di considerazioni ambientali, per le centrali geotermiche del futuro.

In ogni caso il profitto finanziario non può essere il principale criterio nel processo decisionale per lo sviluppo di centrali geotermiche nell’area dell’Amiata.